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un po' a tutti 265


a poco tacque e abbassò le corte ciglia d’oro. Tutto fu silenzio. Barbara sognava di andar su, su, per il sentiero fra i corbezzoli e i mirti di monte Gùdula, con Istasi fra le braccia: ogni rupe aveva scolpita in cima una testa di donna che gemeva con un lamento lontano di fisarmonica....

Ma arrivata quasi in cima cadde e si svegliò di soprassalto. Accanto a lei, seduto sul macigno ma coi gomiti sulle ginocchia e il viso fra le mani, stava un uomo vestito d’un costume nero sul quale spiccava il collarino bianco dalle punte rivoltate e fermato con due bottoni d’oro: era così piccolo ed agile che sembrava un ragazzo, e di ragazzo parve il suo sorriso nel veder la sorpresa di Barbara.

— Padrone! Ma non eravate nel predio? Non dovevate tornar mai!— ella disse ingenuamente.

— Mala Pasqua, a qualcuno farebbe piacere ch’io non tornassi! Ero dove mi pare e piace. E là, nell’inferno, chi c’è?

Barbara cominciò a nominare i commensali; egli sputava per terra e faceva smorfie di nausea con le labbra rosse e carnose; ma quando sentì il nome di don Micheli si sollevò acceso in volto, battendosi le mani sulle ginocchia.

— Malanno che non passi, a tutti! E cos’è venuto a fare in casa mia quell’affamato? Il veleno dovevate dargli. Chi lo ha invitato?...

Barbara sperò di calmarlo dicendogli in-