Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
la festa del cristo | 251 |
diventava nero come il legno, la bocca si contorse a uno sbadiglio. Parve morire. Compare Zua gli versò il vino della messa entro la bocca violetta, ma il liquido scese in due rivoletti giù pei solchi profondi intorno al mento, cadde a terra come era caduto il sangue di Cristo.
Il vecchio non rinvenne.... La chiesa era vuota; la folla era corsa tutta sul luogo della disgrazia e riempiva gli orti, i cortili, la casa del patriarca ove le donne piangevano attorno ai focolari su cui ancora bollivan le pentole per gli ospiti maledetti.
Il bambino morto era deposto su un letto, coperto da un fazzoletto a frangia da cui uscivano i piedini calzati da scarpe con chiodi lucenti: il vecchione gli sedeva accanto, a occhi chiusi, con la bocca che pareva ruminasse: e ogni tanto stendeva la mano come per allontanare qualcuno, mentre il bel prete grasso, in piedi davanti al cassettone antico, leggeva il Vangelo, — poichè la voce era corsa che il puledro aveva in corpo lo spirito del padrone avaro, non accolto nè in cielo nè in terra.
Istevene intanto, curvo sulla sella, correva verso Orosei domandando a tutti dov’era il dottore: quando l’ebbe trovato tornò indietro deciso a passar dritto davanti al paese ed a scappare; ma allo svolto sotto il castello trovò l’Orotollese che l’aspettava per dirgli che prete Filìa stava male.
— Non vuol più uscire di chiesa e dice stramberie. Vieni.