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la festa del cristo 239


rimescolavano i maccheroni, egli stava immobile, col cappotto sulle ginocchia, e raccontava di aver comprato il puledro da un vecchio avaro che era morto giusto in quei giorni.

— Finora la bestia è stata tranquilla. Adesso si vede che lo spirito del vecchio avaro non è stato accolto nè in cielo nè in terra e s’è rifugiato nel corpo dell’animale....

E cominciarono a raccontar storie d’avari.

— Quand’ero piccolo — disse un uomo anziano — badavo a un vecchio così. Moriva e mi pregò di mettergli sul letto un cofano che aveva nascosto sotto il pavimento. Scavai e glielo diedi. — Alessio — mi disse — va fuori un momento e chiudi a chiave. — Obbedii e guardai dal buco della serratura. Egli aveva aperto il cofano ne tirava fuori le monete e le ingoiava. Voi ridete? Eppure questa storia è vera come è vero questo fuoco.

— L’avarizia è brutta, come son brutti i peccati mortali. Che il Cristo verso cui andiamo ci liberi da essi.

Anche il vecchio prete, steso stecchito sul letto a baldacchino, sentiva il rombo dei tuoni e lo scalpitìo del puledro che pareva spezzasse le pietre, e con la mano dura sotto la guancia pregava.

— Cristo, Dio, aiuta i peccatori.

Più tardi il tempo si calmò: egli però non poteva dormire, e anche tappandosi un’orecchia col lenzuolo, sentiva lo scalpitìo del puledro, il tarlo del santo e le voci degli uomini che giù in cucina avevano cominciato una gara