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— Una volta — riaccontava Mulafazza, il
servo di Baldassare Mulas, al mercante di
bestiame recatosi nell’ovile Mulas per acquistare
certi giovenchi — il mio padrone era,
si può dire, un signore. Abitava quella casa
alta col balcone di ferro che è; a fianco della
chiesa di San Baldassarre, e sua moglie e sua
figlia avevano la gonna di panno e lo scialle ricamato
come le dame. La ragazza doveva appunto
sposarle un nobile, un riccone così timorato
di Dio che non parlava per non peccare. Ma
il giorno prima delle nozze la moglie del padrone,
una bella donna ancora giovane, fu vista
a baciarsi dietro la chiesa con un ragazzetto
di vent’anni, un militare in permesso.
Ohi, che scandalo! Non s’era mai sentito l’eguale.
La figlia fu piantata e morì di crepacuore.
Allora il mio padrone cominciò a passare
settimane e mesi e stagioni intiere nell’ovile,
senza mai tornare in paese. Non parla
quasi mai, ma è buono, persino stupido, a dir
la verità! I cani, il gatto, le bestie sono i suoi
amici! Persino coi cervi se la intende! Adesso
s’e fatta amica appunto una cerbiatta, alla
quale son stati forse rubati i figli appena nati,
e che per la disperazione, nel cercarli, arrivò