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lasciare o prendere? 187


bare sulla sua nobile casupola in rovina e di scacciarvi l’ex — galeotto.

E va. Era agli ultimi di dicembre, verso Natale, ma il tempo si manteneva bello come una tardiva estate di San Martino, e il viaggio rasserenò alquanto il cuore dispettoso del giovane maestro. Da Nuoro, ov’egli dovette cambiar veicolo, la strada che va al suo paese corre tra la valle e la montagna, tra vigneti e oliveti centenarî: qua e là l’Orthobene eleva quasi a picco le sue roccie che sembrano dominate da torri fantastiche: qualche punta granitica ha un alberello in cima come una fiammella su un candelabro. La cattedrale di Nuoro, appare, sparisce, torna ad apparire fra due ciglioni, come un castello grigio sullo sfondo rosso del cielo. Dopo il fiume che corre selvaggio fra roccie e macchie come un bandito, Giuseppe cominciò ad ammirare, fra i rami sottili dei mandorli spogli, i picchi azzurri dei suoi monti, e gli parve d’esser tornato adolescente, quando alle vacanze di Natale rientrava al suo paesetto come l’allodola al suo nido. E come un nido allegro appariva il paesetto, attaccato alla falda del monte: una chiesetta bianca è in alto, e la strada che vi conduce pare una corda gettata attraverso le macchie.

Ed ecco le case bianche sparse sulla china verde del monte, le straducole in pendìo: qualche casetta medioevale ha forma di torre, con un portichetto in cima, con aperture a mezzaluna ove si sporgono figure di donne il cui