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Passando, il postino lasciò cadere in grembo ad Annarosa, seduta al solito posto sulla pietra del portone, un giornale e una lettera. Il giornale era per lo studente, la lettera — Annarosa che non sapeva leggere la riconobbe all’odore della busta sgualcita, — era del suo fidanzato lontano: odore di selvatico, lo stesso che esalava dal costume lanoso del giovane, e che a lei non dispiaceva forse perchè nonostante la sua camicetta nera pulita, il fazzoletto nuovo scuro che velava il suo bel viso olivastro con un’ombra azzurrognola, la sottana turchina che circondava come un’onda i bei fianchi flessuosi, anche lei non ne andava libera.

Per un po’ parve anzi goderselo, quel profumo di uomo selvaggio che la lettera le recava, e con la testa curva estiò a lungo prima di salire dallo studente. Ogni volta una specie di pudore le impediva di far sapere all’estraneo i suoi segreti; dapprima anzi aveva incaricato sua madre di farsi leggere le lettere, ma i commenti della donna, che non approvava il progettato matrimonio, erano sempre