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il natale del consigliere 103


cennò oltre a riconoscere il signore misterioso.

Ed egli andò difilato al focolare, sedette, depose accanto a sè la scatola gialla.

— Ebbene, che nuove? Contami.

Ella cominciò a raccontare, e a momenti piangeva, a momenti rideva, con quel suo riso spensierato e lieto che fioriva ancora sul suo volto come fioriscono le rose sulle rovine: ma più che al racconto, l’uomo badava ai bimbi curiosi e ansiosi che si erano di nuovo aggruppati attorno a lei, e osservando quelle testine belle e selvagge, quei riccioli neri polverosi, quei capelli rossicci e quelle treccioline gialle a cui il riflesso della fiamma dava toni dorati, quegli occhi neri e quegli occhi verdastri che lo guardavano affascinati, dandogli a loro volta un fascino di gioia e di tristezza assieme, pensava:

— Se la sposavo, tutti questi monelli sarebbero stati miei:— e gli sembrava di vedere una bella sala da pranzo degnamente borghese, con l’albero di Natale sul tavolo, e tutti quei bimbi vestiti di merletto e di velluto, e quella bella biondina con gli occhioni di gatto ritta tentennante su una sedia, a recitare una poesia d’occasione.

No; era meglio così: era più pittoresco, più romantico e anche più comodo. E a un tratto il signore nero si tolse il guanto e tese un dito verso un visetto scuro pieno di fossette entro le quali pareva scintillasse una gran gioia maliziosa.