Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 91 — |
Egli naturalmente capì che questi saluti erano per zia Tatàna: e subito la maestra, che lo lasciò per mischiarsi alla folla dei bambini schiamazzanti, gli diventò cara.
— Ma che modo è questo? — ella gridava agli scolaretti afferrandoli e fermandoli. — A due a due! In riga!
A due a due, in riga, essi percossero un buon tratto di strada: dopo furono lasciati liberi, e si dispersero per lo spiazzo come uccellini scappati dalla rete, correndo e girando. Anche dalle altre classi uscivano in ordine gli alunni via via più adulti e più serii. Bustianeddu piombò sopra Anania, battendogli i quaderni sul capo, e lo trasse con sè.
— Ti piace, dunque?
— Sì — rispose Anania, — ma ho fame. Non finiva mai.
— Oh che credevi fosse un minuto? Aspetta, e vedrai! Ti calerà il moccio e la bava, ti verrà la fame e la sete. Oh, oh, guarda Margherita Carboni.
La bimba, con le calze violette, la sciarpa rossa, i polsini di lana verde, s’avanzava fra un nugolo di scolarette, — uscite dalla scuola dopo i maschi, — e passò davanti ai due amici senza degnarsi di guardarli. Dopo il gruppo che la circondava venivano altri gruppi di ragazzette, povere e ricche, paesane e borghesi, alcune già alte e civettuole.
I ragazzi di quarta e di quinta si fermavano a guardarle e ridevano fra loro.