racconti della vedova di Fonni, e la cucina pulita e calda e la figura soave e le storielle meravigliose di zia Tatàna! Eppure qualche volta Anania si annoiava, o almeno non provava l’emozione fremente che i racconti della vedova gli avevano un tempo destato; forse perchè al posto del buon Zuanne, del fratellino amato, c’era Bustianeddu cattivo e maligno, che gli dava dei pizzicotti e lo chiamava spia e bastardo anche davanti alla gente e nonostante gli ammonimenti di zia Tatàna. Una sera lo chiamò bastardo davanti a Margherita Carboni, che assieme con la serva era venuta per una commissione in casa del mugnaio. Zia Tatàna gli si gettò sopra e gli turò la bocca, ma troppo tardi. Ella aveva udito, ed Anania provò un dolore indicibile, non raddolcito neppure dal pezzo di pane intinto nel miele che zia Tatàna diede a lui ed a Margherita. A Bustianeddu niente. Ma che cosa era un pezzo di pane intinto nel miele dopo la profonda amarezza di sentirsi chiamato bastardo davanti a Margherita Carboni? Ella era vestita di verde, con calze violette ed aveva intorno al capo una sciarpa di lana rossa che coloriva ancor più le sue guancie paffute e faceva risaltare l’azzurro degli occhi lucenti. Quella notte Anania la sognò così, bella e colorita come l’arcobaleno, ed anche nel sogno provava il dolore d’essere stato chiamato bastardo davanti a lei.