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dre e figlio tornavano lentamente in paese, attraversando lo stradale chiaro nei cui sfondi ardeva il crepuscolo d’oro. Zia Tatàna li aspettava con la cena pronta ed il fuoco cigolante nel focolare pulito. Ella soffiava il naso al piccolo Anania, gli puliva gli occhi, narrava al marito gli avvenimenti della giornata.
Nanna l’ubriacona era caduta sul fuoco, Efes Cau aveva un paio di scarpe nuove, zio Pera aveva bastonato un bambino; il signor Carboni era stato al molino per vedere il cavallo.
— Dice che è terribilmente dimagrato.
— Diavolo, ha lavorato tanto: cosa vuole il padrone? Anche le bestie son di carne e d’ossa.
Dopo cena il mugnaio andava alla bettola, perfettamente dimentico di Olì e delle sue avventure; e zia Tatàna filava e raccontava una fiaba al suo figlio d’adozione. Qualche volta assisteva anche Bustianeddu.
— «Dicono che una volta c’era un re con sette occhi d’oro in fronte che sembravano sette stelle».
Oppure la fiaba dell’Orco e di Mariedda. Mariedda era fuggita dalla casa dell’Orco:
— «.....Ella fuggiva, fuggiva, gittando dei chiodi che si moltiplicavano, si moltiplicavano, coprivano tutta la pianura. Zio Orco la inseguiva, la inseguiva, ma non riusciva a prenderla perchè i chiodi gli foravano i piedi...» — Dio, Dio, che brivido di piacere destava nei bimbi la fuga di Mariedda!
Che differenza fra la cucina, la figura e i