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piangendo per lo spavento, mentre Bustianeddu corse, assieme col mugnaio ed altri, per aiutare il disgraziato. A poco a poco Efes tornò in sè, si sedette sulle sanse sparse, guardò attorno con quei suoi grandi occhi sporgenti pieni di terrore, ancora tutto contorto e tremante. Gli diedero da bere, lo confortarono.

— Chi.... chi mi ha assalito? Perchè mi avete bastonato? Ah, non mi ha abbastanza castigato Dio perchè abbiate a bastonarmi anche voi?

Poi si mise a piangere.

Lo fecero coricare, ed egli si assopì, delirando, chiamando sua madre ed una sorellina morta.

Anania lo guardava con terrore e pietà: avrebbe voluto fare qualche cosa per aiutarlo, ed intanto provava un istintivo disgusto per quell’uomo una volta ricco, ora ridotto ad un involto di cenci puzzolenti, buttato sulla sansa come un mucchio di immondezze.

Chiamata da Bustianeddu venne zia Tatàna: si chinò pietosamente sul malato, lo toccò, lo interrogò, gli mise un sacco sotto il capo.

— Bisogna dargli un po’ di brodo, — disse sollevandosi. — Ah, il peccato mortale, il peccato mortale!

— Figliolino mio, — disse ad Anania, — va dal signor padrone a chiedere un po’ di brodo per Efes Cau. Va: vedi come riduce il peccato mortale? Va, prendi questa scodella, va.

Egli andò con piacere, e Bustianeddu lo accompagnò. La casa del padrone non era lon-