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La gente ricominciò a ridere, e l’infelice si guardò attorno e barcollò; poi si mise a piangere accorgendosi che lo deridevano.
— Efes! — gridò zio Pera, mostrandogli un bicchiere colmo che al riflesso del fuoco pareva di rubino.
L’ubriaco si avanzò, sorridendo fra le lagrime con un sorriso ebete.
— No, — disse Franziscu Carchide, il giovane calzolaio, nonchè ricamatore di cinture, bel giovine galante, dal viso roseo, — se tu non balli non bevi.
E preso il bicchiere dalle mani del vecchio lo sollevò in alto, mentre Efes guardava e tendeva le braccia animato dal brutale desiderio del vino.
— Dammi, dammi....
— No, se non balli, no.
Egli fece un giro intorno a sè, reggendosi in equilibrio.
— Bisogna anche cantare, Efes!
Ed egli aprì la bocca puzzolente ed emise una nota rauca:
Quando Amelia sì pura e sì candida.... |
Egli tentava sempre questo motivo; ma arrivato all’ultima parola contorceva la bocca come spasimando per la vana ricerca dell’altro verso che non ricordava.
Anania e Bustianeddu ridevano sgangheratamente, accoccolati sulle sanse, simili a due pulcini.