Pagina:Deledda - Cenere, Milano, 1929.djvu/64


— 58 —


La gente ricominciò a ridere, e l’infelice si guardò attorno e barcollò; poi si mise a piangere accorgendosi che lo deridevano.

— Efes! — gridò zio Pera, mostrandogli un bicchiere colmo che al riflesso del fuoco pareva di rubino.

L’ubriaco si avanzò, sorridendo fra le lagrime con un sorriso ebete.

— No, — disse Franziscu Carchide, il giovane calzolaio, nonchè ricamatore di cinture, bel giovine galante, dal viso roseo, — se tu non balli non bevi.

E preso il bicchiere dalle mani del vecchio lo sollevò in alto, mentre Efes guardava e tendeva le braccia animato dal brutale desiderio del vino.

— Dammi, dammi....

— No, se non balli, no.

Egli fece un giro intorno a sè, reggendosi in equilibrio.

— Bisogna anche cantare, Efes!

Ed egli aprì la bocca puzzolente ed emise una nota rauca:

Quando Amelia sì pura e sì candida....

Egli tentava sempre questo motivo; ma arrivato all’ultima parola contorceva la bocca come spasimando per la vana ricerca dell’altro verso che non ricordava.

Anania e Bustianeddu ridevano sgangheratamente, accoccolati sulle sanse, simili a due pulcini.