Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 39 — |
po’ in vettura? — disse Olì, mangiando. — Siamo stanchi come asini.
— Senti, — rispose l’omone, — va al di là di Mamojada, intanto che io faccio la fermata.
Vi prenderò.
Egli tenne la promessa: giunto al di là di Mamojada fece sedere in serpe accanto a lui i due viandanti e cominciò a chiacchierare con Olì.
Anania, veramente stanco, sentiva un vivo piacere nel trovarsi seduto fra sua madre e l’omone che scuoteva la frusta, davanti ai freschi paesaggi dallo sfondo azzurrino che si disegnavano nell'arco del mantice.
Le grandi montagne erano scomparse, scomparse per sempre, ed il bambino pensava a quello che avrebbe detto Zuanne sapendo di questo viaggio.
— Quando tornerò quante cose avrò da dirgli! — pensava. — Gli dirò: io sono stato in carrozza e tu no.
— Perchè diavolo vai a Nuoro? — insisteva l’omone, rivolto ad Olì.
— Ebbene, vuoi saperlo? — ella rispose finalmente. — Vado per mettermi a servire. Ho già fatto il contratto con una buona signora. A Fonni non potevo più vivere; la vedova di Zuanne Atonzu mi ha cacciato di casa.
— Non è vero, — pensò Anania. Perchè sua madre mentiva? Perchè non diceva la verità, che cioè andava a Nuoro per cercare il padre di suo figlio? Basta, se ella diceva le bugie doveva aver le sue buone ragioni; e Anania