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misterioso, il grido triste singhiozzava più lonlano, più lontano ancora. Allora i due fratellini di sventura, affondati fra l’erba e sdraiati sul musco delle roccie, si contentavano di interrogare il cuculo.

Zuanne era modesto; chiedeva soltanto:

Cuccu bellu agreste,
Narami itte ora est;1

e l’uccello rispondeva con sette gridi, mentre invece potevano esser le dieci. Ciò nonostante Anania slanciava le sue coraggiose domande:

Cuccu bellu’e mare
Cantos annos bi cheret a m’isposare?2

— Cu-cu-cu-cu....

— Quattro anni, diavolo! Ti sposi presto! — canzonava Zuanne.

— Sta zitto, chè non ha sentito bene.

Cuccu bellu’e lizu
Cantos annos bi cheret a fagher fieu?3

Qualche volta il cuculo dava un numero ragionevole; e i due bimbi, nel silenzio immenso del luogo, interrotto solo dalla voce del me-

  1. Cuculo bello agreste, — Dimmi che ora è.
  2. Cuculo bello del mare, — Dimmi quanti anni ci vogliono ancora perchè io mi sposi.
  3. Cuculo bello del giglio, — Quanti anni ci vogliono ancor perchè io abbia un figlio?