Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 312 — |
Questo pensiero lo rattristò di nuovo; ed egli sentì orrore della sua tristezza, come aveva sentito orrore della sua gioia; ma non potè vincere nè l’una nè l’altra.
Il tramonto lo avvolse mentre egli saliva da Mamojada a Fonni: un velo di dolcezza stendevasi sul grande paesaggio roseo: le ombre che si allungavano soavemente sul tappeto dorato delle stoppie davano l’idea di persone dormenti, e le montagne rosee si fondevano col cielo roseo, ove la luna mostrava già la sua unghia di perla.
Anania cominciò a sentirsi meno cattivo; anche l’anima sua s’elevava verso un paesaggio mistico e puro.
— Un tempo ho creduto di esser buono, — egli pensava: — inganno, sempre inganno. Pensando a lei mi esaltavo come quando pensavo a Margherita: mi pareva di amarla e di poterla redimere, e di rendere così la mia esistenza utile. Invece l’ho uccisa. Che farò ora? Che ne farò della mia libertà? Della mia «miserabile tranquillità?» Non sarò mai più felice; non crederò più nè agli altri nè a me stesso. Ora sì, ora capisco che cosa è l’uomo: è una vana fiamma che passa nella vita e incenerisce tutto ciò che tocca, e si spegne quando non ha più nulla da distruggere....
A misura che egli saliva, il sole calava: era un tramonto meraviglioso. Passando sotto un albero egli fermò il cavallo per contemplare uno squarcio di paesaggio che sembrava un quadro simbolico: le montagne s’eran fatte vio-