Pagina:Deledda - Cenere, Milano, 1929.djvu/291


— 285 —


Fuori, se sentono, crederanno che c’è un toro selvatico, chiuso qui dentro. Son queste le cose che ti hanno insegnato a scuola?

— A scuola mi hanno insegnato questa ed altre cose, — egli disse, abbassando la voce che gli si era fatta rauca. — Mi hanno insegnato che l’uomo non deve lasciarsi disonorare, a costo di morirne.... Ma voi non potete capire certe cose! Infine, tagliamo corto, e state zitte tutt’e due....

— Io non capisco? Io capisco benissimo, — protestò la vecchia.

— Nonna, voi capite davvero. Ricordatevi.... Ma basta, basta! — esclamò egli, agitando le mani, stanco, nauseato.

Le parole della vecchia lo avevano colpito; egli ritornava cosciente, ricordava che si era sempre ritenuto un essere superiore, e voleva porre fine alla scena dolorosa e volgare.

— Basta, — ripetè a sè stesso, lasciandosi cader seduto in un angolo della cucina e prendendosi la testa fra le mani. — Ho detto no e basta. Finitela ora, — aggiunse con voce affranta.

Ma Olì s’accorse benissimo che era invece il momento di combattere: ella non aveva più paura, e osò tutto.

— Senti, — disse con voce umile, sempre più umile, — perchè vuoi rovinarti, «figlio mio?» (Sì, ella ebbe il coraggio di dir così, ed egli non protestò). Io so tutto.... Tu devi sposarti con una fanciulla ricca e bella: se ella viene