Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 104 — |
tosto troncata dal ritorno di Anania. Lo seguiva un giovinetto in costume di Fonni, magro e pallido e con un visetto da topo.
— Conoscete costui? — chiese lo studente, rivolgendosi al padre. — Neppur io l’ho riconosciuto.
— Chi sei? — chiese il mugnaio, pulendosi le mani con un ciuffo d’erba. Il giovinetto rise timidamente e guardò Anania.
— Eh, Zuanne Atonzu! — gridò lo studente. — Guardate come si è fatto grande!
— Salute! Noi siamo parenti, — esclamò il mugnaio abbracciando il fonnese. — Che tu sii il benvenuto; come sta tua madre?
— Bene.
— Perchè sei venuto?
— Sono testimonio in una causa in Tribunale — Dove hai lasciato il cavallo? Nella locanda? Non ricordavi che noi siamo parenti? Eh che, dunque? Perchè siamo poveri non vuoi ospitare da noi?
— Siccome io son ricco!... — osservò sorridendo il giovinetto.
— Ebbene, andiamo e conduciamo il cavallo a casa nostra, — disse Anania cacciandosi il libro in tasca.
Uscirono assieme; Anania puerilmente felice di rivedere l’umile pastorello in rozzo costume, che gli ricordava tutto un mondo lontano e selvaggio, Zuanne vinto da una grande timidezza davanti al bel signorino pallido e fresco, dalla cravatta fiammeggiante sul colletto lucido.