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84 | cattive compagnie |
Il giovinotto, che era appena tornato dal servizio militare e si credeva molto furbo, guardava di qua e di là coi suoi occhi neri vivacissimi, sorridendo un po’ con ironia, un po’ con invidia; e senza mai rallentare il freno al suo cavallo riottoso ascoltava le chiacchiere del compagno e rispondeva con arguzia.
A un tratto disse, socchiudendo un occhio:
— Siete ricco come il mare, ziu Pascà, ma mi vien rabbia quando penso che tutti i vostri beni andranno ai vostri cugini....
L’uomo grasso fermò il suo cavallo e si volse con aria minacciosa.
— Juanne Pala! Se tu pronunzi ancora il nome di quei diavoli, smonto e ti prendo a sassate!
— Pace, pace; non lo farò più! — disse l’altro ridendo.
— I cugini? I parenti? Il fuoco li accarezzi! — riprese il ricco paesano. — Essi non desiderano che la mia morte. Hanno anche tentato di farmi strangolare, di farmi avvelenare: hanno commesso contro di me tutti gli orrori possibili. Alla larga! Al diavolo!
E raccontò che per mezzo d’una serva i suoi parenti avevano tentato di avvelenarlo: adesso aveva paura persino delle serve, lui, Antonio Maria Pasquale Sotgiu, l’uomo più coraggioso