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stalgica del coro monotono delle donne che nelle sere estive; lungo la spiaggia da Bagnoli a Pozzuoli, si riuniscono per cantare assieme una specie di preghiera lamentosa. E anche lui nello scrivere la novella sentiva un puerile desiderio di pregare, di maledire, di piangere. Gli pareva che attorno a lui le cose avessero misteriose significazioni; anche le più umili, anche la goccia d’acqua che sul legno bianco della tavola brillava al riflesso del tramonto, come una goccia di rugiada. Un gatto nero con gli occhi gialli, posato sullo spigolo della tavola, guardava un po’ curioso un po’ nervoso, e ogni tanto allungava la zampina tentando di affermare la penna del soldato scrittore.

A volte il soldato musicomane sedeva alla stessa tavola e componeva una romanza. Il gatto allora tentava lo stesso gioco con lui, ma un ohè senza repliche lo faceva indietreggiare dignitosamente.

Serafino scriveva, scriveva. Una sera il musicomane s’accorse che in fondo al foglietto lo scrittore metteva il suo nome e cognome.

— Mi fai leggere?

— Non posso, disse sulle prime Serafino, ma dopo essersi fatto un pò’ pregare cedette il manoscritto.

La novella era in forma di diario. Un sol-