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18 | cattive compagnie |
Il vecchio diventò livido in viso.
— Tu mi hai tradito! Io non sono Onofrio Sanna! Tu mi hai ucciso! Ora me ne vado, subito.
Tentò di camminare, ma le gambe gli si piegavano; una rabbia impotente lo assalì: si agitò, si battè un pugno sul viso, poi ricominciò a piangere come aveva pianto la prima sera. Sebiu cercò di calmarlo, di scusarsi.
— Eravate in uno stato grave. Che cosa dovevo fare? E se morivate qui? E se passavo per vostro complice?
Il ferito si offese.
— Complice di che? Ma tu credi ch’io sia un malfattore, tu? Sono stato ferito e derubato e tu invece.... e tu adesso.... immondezza, tu credi....
Lo coprì d’ingiurie; gli rinfacciò persino di aver abbandonato il costume per vestirsi di fustagno come un mendicante.
— Ebbene, pazienza! Fa del bene e va all’inferno, — disse il guardiano a sè stesso.
E per evitare una questione più seria se ne andò a girovagare intorno ai mucchi dèi carbone. Suo malgrado sentiva una sorda irritazione contro lo sconosciuto, che sempre più gli sembrava un vecchio malfattore, incosciente ed ingrato.