Pagina:Deledda - Cattive compagnie, Milano, Treves, 1921.djvu/204

194 cattive compagnie


*

Ed egli ritornò. Nanascia stava sedata sullo scalino della porta e mangiava tranquillamente un pezzo di pane d’orzo, quando vide entrare il vecchio dai riccioli bianchi sulle guancie. Sulle prime non lo riconobbe, tanto era mutato e invecchiato: eppure solo tre settimane erano passate, dopo la sua ultima visita.

— Salute, lo straniero. Salute e benvenuto, — ella salutò, alzandosi.

Lo straniero non rispose: come l’altra volta, mise sotto una pietra l’estremità della cordicella del cavallo, si volse, si avanzò. Nanascia allora lo riconobbe, e ricordò con gioia la promessa dei cento scudi; ma guardandolo meglio, vide negli occhi infossati di lui tale un’espressione di angoscia disperata e minacciosa che lo credette impazzito.

— Salute, lo straniero, — ripetè, fingendo di non riconoscerlo. — Qual buon vento ti porta da queste parti? Vuoi entrare?

— Sicuro che voglio entrare! Abbiamo da aggiustare un conto, — egli disse, minaccioso, penetrando nella cucina desolata.

La donna, scalza e in cuffia, depose il pane sulla panca, bevette rapidamente un sorso