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190 | cattive compagnie |
geva come un bambino, mettendosi un ciuffo d’erba in bocca per soffocare i suoi singhiozzi.
Il dottore e la donna continuavano a discorrere, Lia domandava al dottore della sua lite: e l’uomo si lamentava, dicendo che la sua lite andava male. E imprecava come un paesano, contro il fratellastro che lo aveva rovinato.
Ma ziu Tòmas non ascoltava più: ne aveva abbastanza dei suoi guai per potersi interessare a quelli degli altri.
*
Più tardi però rivide il dottor Suelzu, nella spianata della chiesa, dove i pastori ed i paesani ballavano il ballo sardo.
I due uomini si guardarono con diffidenza; poi ziu Tomas s’avvicinò al borghese e lo salutò.
— Salute, signor dottore. Lei non mi riconosce, ma io mi ricordo bene di lei.
Il dottore lo guardava, coi suoi piccoli occhi timidi e quasi spaventati. Il vecchio lo pregò di accettare un " invito „ al banco del liquorista lì vicino: il dottore accettò e bevette molto. Anche il vecchio bevette e cominciò a parlare di sua nipote, raccontandone con frasi pietose le atroci sofferenze.
— Perchè siamo nati? — domandava, pren-