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Cattive compagnie | 155 |
tende di aver sentito parlare i signori in dialetto e domanda se può venire a vederli. È un vecchio, malato.
— Che venga pure — disse Elia.
Il vecchio entro subito dopo. Vestiva in borghese, ma invece del cappello aveva in testa la berretta sarda; il suo viso raso, fra i lunghi capelli grigi, la bocca rientrante, gli occhi verdognoli, avevano una espressione ironica e maliziosa.
— Salute, fratelli, — gridò entrando — perdonerete se mi son preso la libertà di disturbarvi. Ma quando ho sentito parlar sardo mi son rallegrato come se avessi veduto mio padre.
— Salute! — rispose Elia. — Anche noi siamo contenti di vedere un compatriota. Sedetevi. E di qual paese siete?
— Di Barunèi. Montanaro! Sono cugino di don Simone Decherchi.
Elia aveva sentito parlare dei Decherchi, anche loro nobili decaduti.
— E che fate, a Roma? — domandò al vecchio.
— Son venuto per curarmi di una otite, ed anche per soddisfare al mio antico desiderio di vedere il Papa!
— E l’avete veduto? — domandò Pasqua con viva curiosità.