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più folto del bosco, solo qualche notte si avanzava fino alla radura, dove i due amanti giocavano allegramente.

Un giorno, però, sentì un colpo di fucile, poi un altro, poi altri ancora, vaghi, lontani, come ripetuti dall’eco.

E quella notte, per quanto fosse una notte da innamorati, dolce, tiepida, e la luna nuova declinasse dietro i pioppi oramai spogli, i due amanti non ricomparvero.

Il nemico nero doveva averli presi. La vecchia ne provò tale gioia feroce, che si mise a saltare sulla sabbia ancora segnata dalle orme dei poveri amanti.

Ma il rumore d’un passo d’uomo la costrinse a fuggire: cieca, anelante, s’internò nel bosco, arrivò fin quasi all’altra riva del fiume, e rimase nascósta fino all’alba in un luogo dove prima non era mai stata.

All’alba si mosse. La nebbia velava il bosco, le macchie stillavano grosse goccie d’acqua gelata. La lepre fece un giro di perlustrazione, scese sino in fondo ad una specie di piccola valle, e scoprì una cosa che, nonostante tutta la sua cattiveria, la intenerì e la commosse. Trovò un nido di leprotti! Erano due, questi leprotti; grassolini, con le orecchie diafane, gli occhioni immobili e lucenti: