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non rispondeva alle domande della zia, e piangeva silenziosamente.

In poco tempo ella si consumò, diventò magra, gialla, brutta. Sul suo volto deformato non si notavano che gli occhi e i denti sporgenti.

I Pintore decisero di chiamare il medico, ed egli esaminò a lungo la malata, ma non seppe definire la malattia, o meglio la definì con un nome incomprensibile: “isterismo„.

Voci strane si diffusero allora per il paese: molti affermarono che Ballòra era stregata, altri dissero che aveva bevuto un filtro amoroso.

Gli zii tornarono dalla pianura. Una bella mattina, verso la fine d’aprile, zio Matteu spinse l’uscio della camera ove Ballòra gemeva, e si fermò a guardar la nipote. Alto, biondastro, vestito di nero e di rosso, coi capelli lunghi, egli sembrava un eroe preistorico, e aveva negli occhi selvaggi qualche cosa di feroce e di melanconico assieme.

— Donnicciuola, — disse a zia Franchisca, — sai le voci che corrono per il paese? Si dice che la fanciulla pronunzi sempre il nome di un uomo, di un nuorese....

— Ebbene, sì, — rispose la donna. — Una sera venne da noi un giovane nuorese, Ballòra lo guardò, egli la guardò, così almeno afferma il Sindaco. Altro non so.