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122 | cattive compagnie |
— Andare in giro! — rispose con voce lamentosa zia Franchisca Pintore senza smettere di scardassare con due pettini di ferro un mucchio di lana nera. — Ci vuol altro, cuore mio; con questi panni da lutto!
— Ho scherzato — rispose serio il Sindaco, che rispettava gli usi del paese.
— Dunque a stasera. Dite a Ballòra che si lasci vedere. Vedrà un uomo più bello ancora di Tiu Matteu.
Ballòra, che puliva la farina nella domo ’e mola1 attigua alla cucina, sentì queste parole, e il suo viso bianco, quasi cereo come quello d’una madonna sciupata dall'umidore d’un luogo freddo e chiuso, si coprì d’un rossore fosco. Lagrime di rabbia e di desiderio le velarono i grandi occhi neri dalle lunghe ciglia.
— Ce l'ha con me, quell’avoltoio — disse alla zia, quando Franchisca entrò nella domo ’e mola per ricolmare di frumento il moggio; — ma, vedrete, stasera lo faccio arrabbiare. Voglio guardare il forestiere.
— Una fanciulla ben nata non deve parlare così, — disse severa la zia; — non deve guardare gli uomini, tanto meno se stranieri.
- ↑ Casa della mola: locale ove c’è l’antica mola tirata dall’asinelio.