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110 cattive compagnie


Soltanto uno di questi reagì, urlando e gettandosi addosso al pescatore. I loro corpi avviluppati si dibatterono alquanto sull’orlo della draga, finché, Antoniotto riuscì a prendere il ragazzo per la vita, la pancia in giù, e dopo averlo sollevato in alto, lo scaraventò nell’acqùa che s’aprì e schizzò coprendosi di spuma. Il viso sbuffante e le braccia rosse del ragazzo riapparvero subito a fior d’acqua. Un urlo di gioia saliva dalla draga, immobile sull’acqua verde come una roccia rossastra. Antoniotto, dritto in equilibrio sulla sponda del legno, pareva una mirabile statua greca, un giovine Dio marino pieno di grazia e di agilità.

Barbara lo guardava con ammirazione e con gioia; egli non si volse mai verso di lei, ma cominciò a saltare nell’acqua, prima dalla sponda della draga, poi dalle spalle di un ragazzo. E più il salto era ardito, più svelto egli riappariva nell’acqua che si stendeva attorno a lui con cerchi luminosi, quasi circondandolo d’un’aureola di gloria.

Barbara si accorgeva benissimo che egli faceva tutto questo per dimostrarle la sua forza e la sua agilità; e osservava che, per piacere a lei, egli, senza saperlo, diventava bellissimo, come certi insetti che nel tempo del loro amore si coprono di splendidi colori.