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98 | cattive compagnie |
simo golfo, chiuso, in faccia al molo, da una cornice di colline verdi solitarie. Quel verde primaverile si stendeva anche sul mare. L’acqua immobile e verde del porto dava l’idea d’un prato; e l’odore d’erba che veniva dalla collina pareva esalato dalle onde. Si aveva l’illusione che anche il mare fiorisse, sott’acqua, come tutto fiorisce in primavera.
Le barche, le paranze, i velieri e i barconi erano partiti al cessare del vento furioso: la punta del molo appariva bianca e rosea come una lingua uscente dal mucchio scuro delle casette dei pescatori: misere casette annerite dalla polvere del carbone e dalla salsedine del mare.
Sdraiato sulla banchina, un vecchio pescatore malato, pareva volesse morire guardando il mare: qualche cane, qualche gatto, e poche donne con secchie di rame sul capo, animavano la solitudine del molo. Il cielo era alto, d’un azzurro che dava al lilla, e in lontananza alcune nuvolette bianche pareva seguissero le paranze che si dileguavano all’orizzonte.
Il quadro era bello, ma Barbara lo conosceva troppo in tutti i suoi particolari: anche ad occhi chiusi vedeva la linea verde della collina, il semicerchio nero del villaggio, le figure delle donne dalle vesti discinte e i capelli arruffati scossi dalla brezza del mare. Tutto era pitto-