Pagina:Deledda - Canne al vento, Milano, 1913.djvu/99


— 91 —

Applausi e risate risuonavano; tutti ridevano ma erano commossi.

All’ombra della chiesa Efix invece sentiva altri gruppi di paesani parlare dell’America e degli emigranti.

— L’America? Chi non l’assaggia non sa cosa è. La vedi da lontano e ti sembra un agnello da tosare: ci vai vicino e ti morsica come un cane.

— Sì, fratelli cari, io ci andai con la bisaccia a metà piena e credevo di riportarla colma; la riportai vuota!

Un Baroniese smilzo alto e nero come un arabo, invitò Efix a bere e gli raccontò episodi della guerra, di cui era reduce.

— Sì, — diceva guardandosi le mani, ho strappato il ciuffo ad un Sirdusso, uno che adorava il diavolo. Io avevo fatto voto di prenderglielo, il ciuffo; di prenderlo intero, con la pelle e con tutto. E così lo presi, che possiate vedermi cieco, se mentisco! Lo portai al mio capitano, tenendolo come un grappolo: sgocciolava sangue nero come acini d’uva nera. Il capitano mi disse: bravo, Conzinu!

Efix ascoltava, con in mano una rosellina di macchia. Si fece il segno della croce con lo stelo del fiore, e disse:

— Ti confesserai, Conzì! Hai ucciso un uomo!

— Nella guerra non è peccato. È forse di nascosto? No.