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Applausi e risate risuonavano; tutti ridevano ma erano commossi.
All’ombra della chiesa Efix invece sentiva altri gruppi di paesani parlare dell’America e degli emigranti.
— L’America? Chi non l’assaggia non sa cosa è. La vedi da lontano e ti sembra un agnello da tosare: ci vai vicino e ti morsica come un cane.
— Sì, fratelli cari, io ci andai con la bisaccia a metà piena e credevo di riportarla colma; la riportai vuota!
Un Baroniese smilzo alto e nero come un arabo, invitò Efix a bere e gli raccontò episodi della guerra, di cui era reduce.
— Sì, — diceva guardandosi le mani, ho strappato il ciuffo ad un Sirdusso, uno che adorava il diavolo. Io avevo fatto voto di prenderglielo, il ciuffo; di prenderlo intero, con la pelle e con tutto. E così lo presi, che possiate vedermi cieco, se mentisco! Lo portai al mio capitano, tenendolo come un grappolo: sgocciolava sangue nero come acini d’uva nera. Il capitano mi disse: bravo, Conzinu!
Efix ascoltava, con in mano una rosellina di macchia. Si fece il segno della croce con lo stelo del fiore, e disse:
— Ti confesserai, Conzì! Hai ucciso un uomo!
— Nella guerra non è peccato. È forse di nascosto? No.