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— Che cosa son cento lire? Io ne ho speso mille in una notte e non mi son divertito....

Grixenda depose la secchia sul sedile, e si gettò sopra il bambino che le sorrideva dal giaciglio agitando le gambine in aria e tentando di afferrarsele con le manine sporche: gli baciò le coscie, affondando le labbra nella carne tenera ove i solchi segnavano striscioline rosee e viola; lo sollevò in alto, lo riabbassò fino a terra, lo sollevò ancora, lo fece ridere, lo portò fuori stringendoselo forte al petto.

Fuori Giacinto s’era messo a sedere a gambe aperte, e vi dondolava in mezzo le mani, ascoltando Kallina che lo invitava a mangiare con lei le fave cotte col latte: parlavano piano, come di cosa grave, ma donna Ruth si affacciò alla porticina con in mano una coscia d’agnello bianca di grasso col rognone violetto coperto dal velo, e interruppe il colloquio.

— Bisogna chiamar Efix perchè faccia uno spiedo di legno: Giacintino, va!

Grixenda corse lei a chiamare il servo, gli si sfregò addosso come una gattina, gli diede da baciare il bambino.

— Come sono contenta, zio Efix! Stanotte balleremo ancora! Ma guardate il vostro padroncino: pare faccia la corte a Kallina!

Efix la guardava con tenerezza; vide Giacinto sollevar gli occhi pieni d’amore e di desiderio, e in cuor suo benedisse i due gio-