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sto tutti i cespugli tremuli intorno, qualche cosa di vivo, di animale. E parlava loro come lo intendessero, raccomandando loro di non stroncarsi, di non seccarsi, di crescer bene e dar molto frutto come era loro dovere; ma un rumore nella strada richiamò la sua attenzione.
Don Predu fiero e pesante sul suo cavallo nero grasso, passava dietro la siepe. Cosa insolita, vedendo Efix si fermò.
— E che facciamo, con quella bisaccia? Sei stato a rubar fave?
Efix s’alzò, rispettoso.
— Son le provviste per le mie dame. E lei dove va?
Anche don Predu andava laggiù. Dalla sua bisaccia a fiorami usciva l’odore del gattò che portava in regalo al Rettore suo amico, e il collo violetto d'una damigiana di vino.
— E tu vai a piedi, babbèo? Anche il cavallo ti fanno fare, adesso? Dammi la bisaccia, te la porto. Non scappo, no! Se vuoi esser più sicuro monta su in groppa anche tu, babbèo!
Sbalordito, dopo essersi un po’ fatto pregare e minacciare, Efix caricò la bisaccia sul cavallo che pareva si fosse addormentato, poi montò in groppa alle spalle di don Predu cercando di farsi leggero.
— Adesso suderà, sì, il cavallo di vossignoria!