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— Non è contento d’esser venuto, don Giacintì?
— Non chiamarmi così, — disse allora il giovine. — Io non sono nobile, non sono nulla! Dimmi tu, come te lo dico io. Se sono contento? No. Sono venuto qui perchè non sapevo dove andare.... Là c’è tanta gente.... Là bisogna esser cattivi per far fortuna. Tu non puoi sapere! Ci son tanti ricchi.... Ma c’è tanta gente....
Agitava le dita della mano tesa lontano, come per accennare al brulichio della folla, ed Efix guardava il suo piede e mormorava con tenerezza e con pietà:
— Anima mia bella!
E avrebbe voluto curvarsi sul desolato «ragazzo» e dirgli: sono qua io, non ti mancherà più nulla! — ma non seppe che offrirgli di nuovo la zucca come la madre offre il seno al bambino che si lamenta.
— Lo sappiamo, sì, che diavolo di mondo è quello! Ma qui è diverso: si può anche far fortuna. Le racconterò come ha fatto il Milese.... Un giorno arrivò come un uccello che non ha nido....
Ma Giacinto ascoltava desolato a testa bassa, torcendo un poco la bocca con disgusto, e d’improvviso si buttò col gomito appoggiato sull’erba e il viso alla mano, masticando con rabbia l’avena.
— Se sapessi, tu! Ma che puoi sapere, tu?