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Efix non ne distingue il viso, mentre vede la bocca sarcastica del Milese, lunga, stretta, come piena di riso represso, e il ventre gonfio d’una parente delle dame, quella che deve accompagnare la sposa, e due ceri con due nastri color rosa sostenuti da due manine pallide.
E tutti sono serii come venuti a prendere lui, morto, non la padrona sposa, e camminano piano per non dargli noia.
Donna Ester, con lo scialle sciolto un po’ svolazzante sulle spalle, dispone il corteo: prima i bambini coi ceri alti in mano; poi la sposa con la parente; poi lo sposo coi parenti; in coda i pochi invitati; il Milese in ultimo pareva ridersi di tutti silenziosamente.
— Adesso mi lasciano solo, — pensa Efix con un poco di amarezza. — Solo. E son io che ho fatto tutto!
Sulla porta Noemi si volse a fargli un cenno di addio con la croce d’oro. Addio. Ed egli, come già per Giacinto, ebbe l’impressione che fosse lei a morire.
Uscivano tutti, se ne andavano: donna Ester si curvò su lui, parve coprirlo con le sue ali nere.
— Torno presto, io, appena li avrò accompagnati: bisogna che vada; sta quieto, fermo fermo.
Sì, egli stava fermo al suo posto; fermo e solo. S’udiva la fisarmonica che Zuannantoni