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— Ah, Efix, — mormorava. — Egli aveva l’idea fin d’allora e tu non dicevi nulla? E tu sei fuggito? Ma perchè? In verità mia, mi pare tutto un sogno. Io non ho saputo mai nulla: solo la gente veniva a dirmelo, solo gli estranei. E tu, sorella mia, e tu.... e tu....

— Che dovevo dirti, Ester? Ha forse mai fatto la sua domanda, lui? Quando s’è mai spiegato? Manda regali, viene qualche volta, si mette a sedere, chiacchiera con te e a me quasi non rivolge la parola. L’ho mai cacciato via, io?

— Tu non lo cacci via ma fai peggio ancora. Tu ridi, quando egli viene; tu ti burli di lui.

— È giusto! Quel che si semina si raccoglie.

— Noemi, perchè parli così? Sembri diventata matta, da qualche tempo in qua! Tu non ragioni più. Perchè dici che egli si burla di te se ti ha mandato a dire che ti vuol bene?

— Egli me lo mandò a dire con un servo!

Donna Ester guardò Efix, ma Efix taceva, a testa bassa, come usava un tempo quando le sue padrone questionavano. Aspettava, d’altronde, certo che Noemi non ostante il suo disprezzo doveva tornare a lui per riprendere il discorso fra loro due soli.

— Efix, la senti come parla? Eppure io ti dico che non sei stato tu solo a dirglielo. Anche Giacinto....