Pagina:Deledda - Canne al vento, Milano, 1913.djvu/269


— 261 —

Giacinto, qualche cosa faremo. Possiamo anche diventar ricchi, zio Efix; chi lo sa? Tutto è possibile nel mondo: io credo che tutto sia possibile.

— E non siete già ricchi? Chi più ricchi di voi?

Ella si chinò su lui, graziosa e infantile come un tempo.

— È questo che dicevo, sempre! Quando le vostre dame non volevano, che io e Giacinto ci sposassimo, perchè io son povera, io dicevo: non sono giovine? non gli voglio bene? Forse che donna Noemi e don Predu, con tutta la loro roba, sono più ricchi di noi? Di anni, sì, se vogliono, non di altro!

Efix trasalì.

— Si sposano?

— Si sposano, sì! Egli si consumava come mi consumavo io questa primavera scorsa. Dicevano ch’era ammaliato. Era ammaliato, sì! Malìa d’amore. Andò persino ad Oliena a consultare la fattucchiera. Ultimamente, la settimana scorsa, è andato alla Madonna di Gonare, in pellegrinaggio, ed ha fatto un’offerta di tre scudi, per ottenere il miracolo. Così dicono i maligni!

Efix guardava pensieroso per terra, fra le sue ginocchia.

— Devo tornare? — si domandava. — Non crederanno sia il vento della buona fortuna, che mi riporta?