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libertà passata girovagando ozioso e scontento. Tutto era tranquillo e triste lassù; il Monte s’affacciava sopra la casa nera, sul ciclo verdolino del crepuscolo, la luna nuova cadeva sopra il Monte, la stella della sera tremolava sopra la luna.

Il portone era chiuso, l’erba cresceva lungo il muro e sugli scalini come davanti a una casa abbandonata: ed Efix ebbe paura a picchiare.

Vide la porticina di Grixenda che brillava come un rettangolo d’oro sul muro nero, e ricordò l’incarico di Zuannantoni.

Grixenda stava davanti alla fiammata ad asciugarsi le sottane bagnate. Era scalza e le sue gambe dritte luccicavano come fossero di bronzo. Vedendo l’uomo lasciò cadere le sottane e rise, gridando di gioia nel riconoscerlo.

— Come, Grixenda! Tu vai ancora al fiume? Lo sposo te lo permette?

— E lui non lavora? È forse un signore, lui? Se fosse stato un signore io sarei sottoterra.... Ebbene, non venite avanti? Sedetevi: vi pesa, quella bisaccia? È piena d’oro? Avete fatto fortuna, voi, zitto, zitto, maligno che siete!

Egli sedette e mise la bisaccia per terra; e guardava Grixenda, e Grixenda lo guardava maliziosa lasciandogli capire che sapeva la verità.

— Ma anche noi, zio Efix, anche noi, io e