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beri erano già quasi tutti spogli dei loro frutti e qualche ramo stroncato pendeva qua e là.

Zuannantoni, seduto sotto il pergolato davanti alla capanna suonava la fisarmonica; e tutto intorno il motivo monotono si spandeva come un velo di sonno sul luogo desolato.

Vedendo l’uomo sconosciuto che s’avanzava curvandosi per guardare dentro la capanna, il ragazzo smise di suonare, e i suoi occhi dolci si fecero minacciosi.

— Che volete?

L’uomo si tolse il berretto.

— Zio Efix! — gridò il ragazzo, e riprese a suonare, parlando e ridendo nel medesimo tempo. — Ma non eravate morto? E chi diceva che eravate in America e diventato ricco, e che mandavate tanti denari alle vostre padrone. Adesso il guardiano qui, sono io: se voglio scacciarvi come un ladro posso farlo. Ma non lo faccio. Volete dell’uva? Prendetevela. Il mio padrone, don Predu, se ne infischia, di questo pezzo di terra: ne ha tanti altri, di poderi. Quello grande, di Badde Saliche, quello sì, ne dà prodotto. Le frutte di qui, il mio padrone le manda in regalo alle sue cugine, le vostre padrone: ma esse stanno sempre chiuse dentro come il riccio nella sua scorza. Oh, zio Efix, vi devo dire una cosa: l’altra notte, — di notte sto chiuso nella capanna perchè ho paura degli spiriti, e sempre