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dere l’elemosina? E adesso, sai cosa fa? Sposa quell’altra morta di fame, Grixenda, sì, stupido!

— È bene: lo aveva promesso, — disse Efix, e di nuovo si sentì pieno di gioia. — Ecco fatta la grazia che lei chiedeva, padrone mio, — pensava, e sorrideva agli improperi che don Predu, pentito del suo primo impeto di benevolenza, gli rivolgeva trattandolo da mendicante quale era.


Dopo la festa di San Cosma e Damiano di Mamojada, Efix e i ciechi andarono a Bitti per la Madonna del Miracolo. Prima di arrivare fecero tappa sopra Orune, ma sebbene stanco Efix non s’addormentò per paura che gli rubassero la bisaccia col gruzzolo raccolto nelle ultime feste. Pregava, tranquillo, socchiudendo ogni tanto gli occhi per guardare i suoi compagni addormentati sotto una quercia.

Era notte ancora, ma un brivido di luce passava ad Oriente fra i monti che si aprivano verso il mare: l’alba si svegliava laggiù. Ed ecco Efix, vinto dal sonno, crede di non poter più sollevare le palpebre e di sognare: vede il vecchio cieco mettersi a sedere, protendersi in ascolto, appoggiare la mano al tronco della quercia, alzarsi e dopo un momento di esitazione accostarsi a lui e con la mano adunca tirar su la bisaccia come pescandola nell’ombra.