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respingendole fino all’orizzonte, e tutto brillò attorno ai monti e alle valli ove la nebbia si raccolse in laghi argentei luminosi.
I mendicanti si scaldavano al sole ed Efix raccoglieva le elemosine tremando a ogni rumore di passo per paura di rivedere don Predu; eppure di tanto in tanto sollevava la testa come ascoltando una voce lontana.
Gli pareva d’essere ancora seduto davanti alla sua capanna nel poderetto, e sentiva il frusciare delle canne, ed era la voce del suo cuore che gli diceva:
— Efix, se stai lì per vera penitenza perchè temi d’esser riconosciuto? Alzati quando passa il tuo padrone e salutalo.
E d’improvviso un senso di gioia lo fece balzare, lo penetrò tutto come il sole che gli asciugava le vesti e scaldava le sue membra intirizzite: ecco, egli pensava di nuovo alle sue padrone, le amava ancora, e aspettava don Predu per domandar notizie di loro.
Ma don Predu non scendeva.
Veniva giù, dopo aver ascoltata la messa, una catena di fanciulle paesane belle come rose, l’una appresso l’altra strette ridenti.
— Hai veduto quell’uomo grosso che s’è comunicato? — disse una. — È un nobile, un riccone, ammaliato.
— Sì, lo so. Lo ha fatto ammaliare una ragazza povera che egli doveva sposare e non ha sposato.