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non mi basterebbe neanche per condurre a termine tre delle mille cose che penso. Su, prendi!

E gettò all’infermo una moneta d’argento. Allora fu una gara a chi più offriva al condannato a morir presto: le monete piovevano sulla sua bisaccia, tanto che il compagno di Efix diventò livido e la sua voce tremò per l’invidia. A mezzogiorno rifiutò da mangiare; poi tacque e parve meditare qualche cosa di fosco. Infatti, quando la folla si radunò nuovamente nel cortile e le donne passando si frugavano in tasca per dare l’elemosina al finto malato, egli cominciò a gridare:

— Ma guardatelo bene! È più sano di voi. S’è punto con un ago avvelenato.

Allora qualcuno si curvò a guardare meglio il falso tumore, e il mendicante, pallido immobile, non reagì, non parlò; ma il vecchio cieco suo compagno s’alzò a un tratto, alto, tentennante come un fusto d’albero scosso dal vento; mosse qualche passo e s’abbattè su Istène battendogli i pugni sulla testa come due martelli.

Dapprima Istène chinò la testa fin quasi a mettersela fra le ginocchia; poi si sollevò, afferrò le gambe del suo assalitore e lo scosse tutto e non riuscendo ad abbatterlo gli morsicò un ginocchio. Non parlavano e il loro silenzio rendeva la scena più tragica: dopo un momento però un grappolo di gente fu