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che esponeva alla folla come un tumore maligno.
Efix provava rabbia per quest’inganno, e quando le monete cadevano nel cappello del suo compagno, arrossiva sembrandogli di ingannare anche lui i pietosi.
E le monete cadevano, cadevano. Egli non aveva mai immaginato che ci fossero tanti pietosi, al mondo: le donne sopratutto erano generose, e un’ombra dolce velava i loro occhi ogni volta che il falso tumore del mendicante giovane appariva gonfio e scuro come un fico tra le pieghe della camicia slacciata.
Quasi tutte si fermavano, col viso reclinato, interrogando. Alcune erano alte, sottili, fasciate di orbace, coi grembiuli ricamati di geroglifici gialli e verdi e i cappucci di scarlatto, e pareva venissero di lontano, dall’antico Egitto: altre avevano i fianchi potenti, il viso largo con due pomi maturi per guancie, la bocca carnosa, ardente e umida come l’orlo d’un vaso di miele.
Efix rispondeva a occhi bassi alle loro domande, e raccoglieva con tristezza l’elemosina.
Ma anche alcuni uomini si fermarono intorno al vecchio cieco e al falso infermo, e uno si curvò per guardar bene il tumore.
— Sì, così Dio mi assista, — disse, — era proprio così. Ed è campato solo un anno.
— Un anno solo? — gridò un altro. — Ah,