Pagina:Deledda - Canne al vento, Milano, 1913.djvu/204


— 196 —

Anche il viso di donna Noemi, curva a cucire nel cortile, era velato d’ombra.

Efix colse una viola del pensiero dall’orlo del pozzo e andò a offrirgliela. Ella sollevò gli occhi meravigliati e non prese il fiore.

— Indovina chi glielo manda? Lo prenda.

— Tu l’hai colto e tu tientelo.

— No, davvero, lo prenda, donna Noemi.

Sedette davanti a lei, per terra, a gambe in croce come uno schiavo, prendendosi i piedi colle mani: non sapeva come cominciare, ma sapeva già che la padrona indovinava. Infatti Noemi aveva lasciato cadere la viola in una valletta bianca della tela; le batteva il cuore; sì, indovinava.

— Donna Ester dov’è? — disse Efix curvandosi sui suoi piedi. — Come sarà contenta, quando saprà! Don Predu mi aveva fatto tornare in paese per questo....

— Ma che cosa dici, disgraziato?

— No, non mi chiami disgraziato! Sono contento come se morissi in grazia di Dio in questo momento e vedessi il cielo aperto. Sono stato in chiesa, prima di tornar qui, a ringraziare il Signore. In coscienza mia, è così....

— Ma perchè, Efix? — ella disse con voce vaga, pungendo con l’ago la viola. — Io non ti capisco.

Egli sollevò gli occhi: la vide pallida, con le labbra tremanti, con le palpebre livide