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ma di tanto in tanto mi guarda torva, come sia io la causa dei loro malanni. E se Ester apre bocca per parlare, ella la fissa così terribile che le toglie la parola di bocca.

— Così con me, — disse Efix. — Preciso così.

E provò quasi un senso di sollievo, perchè il ricordo degli occhi di Noemi lo perseguitava peggio che il suo rimorso antico.

— Adesso, ascoltami. Visto che da loro non si può ricavare niente, ho interrogato Kallina. Ma anche lei, malanno l’impicchi, tace. Sa fare i suoi affari, quella dannata: finge di credere che Ester ha veramente firmata la cambiale di Giacinto e solo dice che vuole il fatto suo. So che tu ed Ester siete andati da lei per cercare di aggiustare le cose e che Kallina ha rinnovato per tre mesi la cambiale gonfia delle spese di protesto e di interessi più forti, e ha preso ipoteca sul poderetto e sulla casa, fune che la strangoli; sì, va bene; ma e adesso, in ottobre, come farete?

— Non lo so: non mi dicono nulla.

— So che Ester gira in cerca di denari: ha un bel girare: le cadranno gli ultimi denti e non avrà trovato. So che sarebbe disposta anche a vendere, ma non a me.

Efix guardava le sue dita e taceva; ma don Predu, irritato per questa indifferenza, gli battè le mani sulle ginocchia.

— Che pensi, santo di legno? Ohè, di’?