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nato.... Tre volte così: mai ho potuto toccarlo. Avevo paura....
Giacinto ascoltava alto nero sul cielo rosso: la sua spalla tremava ed Efix, dal basso, credeva di veder tremolare tutto l’orizzonte.
Ma d’improvviso Giacinto se ne andò senza dir niente, ed Efix vide davanti a sè lo spazio libero, la vallata rosea solcata d’ombre, su, su, fino alle colline di Nuoro nere contro il tramonto.
Un silenzio infinito regnava. Solo qualche grido di rondine pareva uscir dai muri in rovina, e un trotto di cavallo risuonò lontano, sempre più lontano.
— È Giacinto, — pensò Efix, — ha preso un cavallo e torna laggiù e rivela tutto alle zie e le maltratta....
Ascoltò. Gli sembrava che il passo del cavallo risuonasse sul muro, sopra di lui; e poi più basso, sul suo corpo, sopra il suo cuore.
— Se n’è andato senza dirmi niente! Ma io, quando mi raccontò la sua storia col capitano non ho fatto così!
D’un colpo balzò su, come se qualcosa lo pungesse. Si scosse la polvere dal vestito e corse via, dietro la chiesa, giù allo stradone, incalzato dal pensiero che Giacinto tornasse a casa e maltrattasse le donne.
Ma quando arrivò la casa era ricaduta nella sua pace di morte.
Donna Ester lavava il grano, prima di man-