Pagina:Deledda - Canne al vento, Milano, 1913.djvu/163


— 155 —

Ed egli entrò nella casa di cui da venti anni non varcava la soglia.

La lucerna ardeva sul sedile antico, e pareva che la fiammella facesse pietosa compagnia a donna Ruth ancora seduta immobile con la testa appoggiata alla spalliera e le mani abbandonate una qua una là con le nocche sul legno. Metà del suo viso era illuminato, cereo, metà era in ombra, nero. Gli occhi socchiusi guardavan tuttavia in alto, loschi come nello sforzo di fissare un punto solo lontano.

Appena la vide don Predu trasalì, fermandosi di botto. E dal movimento di lui Noemi comprese la verità. Guardò lui spaventata, poi guardò la sorella e corse a scuoterla.

— Ruth, Ruth? — chiamò sottovoce, curva su lei, stringendole gli omeri.

La testa di donna Ruth si reclinò, prima di qua, poi di là, poi tutto il suo corpo parve protendersi in avanti e curvarsi ad ascoltar la voce della terra che la richiamava a sè.


Il lamento della fisarmonica di Zuannantoni giunse in fondo al caos del dolore di Noemi, come una luce lontana. Il ragazzo cantava, accompagnandosi, e la sua voce acerba d’una melanconia inesprimibile riempiva la notte di dolcezza e di chiarore. Noemi ancora inginocchiata presso il sedile ov’era steso il cadavere di donna Ruth, sollevò il