Pagina:Deledda - Canne al vento, Milano, 1913.djvu/161


— 153 —

crepuscolo stesso della sua vita. Ferma sulle pietre rotte della soglia si protendeva in avanti e le sembrava di aspettare un essere misterioso, salvatore e vendicatore assieme.

Un passo risuonò, un po’ lento, un po’ pesante: una forma apparve giù nella strada: saliva, diventava grande, campeggiava gigantesca sullo sfondo incolore dell’orizzonte: era nera ma come un filo di fuoco scintillava sul suo petto, dalla parte del cuore.

Fu davanti a Noemi e accorgendosi dell’ agitazione di lei si fermò, mentr’ella appoggiava forte la mano aperta al muro per non cadere tanto il desiderio e l’orrore di rivolgersi al passante la turbavano.

Ma egli domandò:

— Noemi, che c’è?

Ed ella sentì il suo cuore fondersi, chiamare aiuto.

— Predu, fammi un piacere. Cercami qualcuno che possa andare a chiamar Efix al poderetto.

— Andrò io, Noemi.

— Tu? Tu? Tu.... no....

— Perchè no? — egli stridette. — Hai paura che ti rubi le angurie?

Ella continuava a balbettare, incosciente.

— Tu no.... tu no.... tu no....

Don Predu indovinava il dramma che si svolgeva là dentro.

Non sapeva perchè, da qualche tempo, dalla