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portando via tutti i suoi pensieri tristi come il vento che passa e spoglia l’albero di tutte le sue foglie morte.

Le sembrava d’essere svenuta, come quel giorno, e che le sue lagrime fossero quelle di Giacinto; e le sorbiva come il succo d’un frutto acre con le labbra avide tremanti di tutti i baci che non avevano dato nè ricevuto. La giovinezza, l’ardore, il dolore di Giacinto si trasfondevano in lei: dimenticava i suoi anni, il suo aspetto, la sua essenza; le sembrava d’essere distesa sotto un’acqua limpida nel folto di un bosco e di vedere una figura curvarsi a bere, a bere, sopra la sua bocca: era Giacinto, ma era anche lei, Noemi viva, assetata d’amore: era uno spirito misterioso che sorbiva tutta l’acqua della sorgente, tutta la vita dalla bocca di lei, tanta sete insaziabile aveva; e si stendeva poi nel cavo della fontana nel folto del bosco e formava un essere solo con lei.


Un colpo al portone la richiamò. Andò ad aprire, credendo fossero le sorelle o Giacinto stesso, della cui presenza non aveva timore perchè bastava a far cessare l’incanto, ma vide zia Pottoi e richiuse istintivamente il portone per respingerla. La vecchia spingeva a sua volta.

— Mi vuole schiacciare come un ragno, donna Noè! Non vengo a farle del male.