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fili dei ragni lucevano alla luna. Giù per terra la brocca riposava con le sue anse sui fianchi e la pentola capovolta le dormiva accanto.

Efix preparò la stuoja, ma non si coricò. Gli sembrava sempre di sentire il rumore dei passi infantili: qualcuno veniva di certo e infatti a un tratto i cani cominciarono ad abbajare nei poderi vicini, e tutto il paesaggio che pochi momenti prima pareva si fosse addormentato fra il mormorio di preghiera delle voci notturne, fu pieno di echi e di fremiti quasi si svegliasse di soprassalto.

Efix riaprì. Una figura nera saliva attraverso la china ove già le fave basse ondulavano argentee alla luna, ed egli, a cui durante la notte anche le figure umane parevan misteriose, si fece di nuovo il segno della croce. Ma una voce conosciuta lo chiamò: era la voce fresca ma un po’ ansante di un ragazzo che abitava accanto alla casa delle dame Pintor.

— Zio Efisè, zio Efisè!

— Che è accaduto, Zuannantò? Stanno bene le mie dame?

— Stanno bene, sì, mi pare. Solo mi mandano per dirvi di tornare domani presto in paese, che hanno bisogno di parlarvi. Sarà forse per una lettera gialla che ho visto in mano a donna Noemi. Donna Noemi la leggeva e donna Ruth col fazzoletto bianco in testa come una monaca spazzava il cor-