Pagina:Deledda - Canne al vento, Milano, 1913.djvu/138


— 130 —

— Va, figlio di Dio, va! Io avrei voluto che tu non andassi, ma se io stesso ti dico d’andare è perchè non c’è altra salvezza. Ricordati le cose belle che dicevi, l’altra sera. Dicevi: voglio che le zie stian bene, voglio che la casa risorga.... Queste cose le pensavo anch’io, quando tu dovevi venire. E invece! Invece, se tu non paghi, l’usuraia metterà all’asta il poderetto o ti caccerà in carcere per le firme false; e loro dovranno domandare l’elemosina.... Questo hai fatto tu, questo! So che non l’hai fatto per male. Tu che promettevi, l’altra sera, tante cose belle, tu, figlio di Dio....

La spalla di Giacinto ricominciò a tremare. Sollevò il viso, sotto il viso reclinato di Efix, e si guardarono disperati.

— Non l’ho fatto per male. Volevo guadagnare. Ma come si fa, in questo paese? Tu lo sai, tu che sei rimasto così.... così.... miserabile....

— Le zie non rimetteranno un soldo, — riprese, dopo un momento di silenzio ansioso. — C’è, sì, anche la firma di zia Ester; l’ho dovuta far io perchè.... l’usuraia non mi dava credito. Ma io pagherò, vedrai: e se no, andrò in carcere. Non importa.

— In carcere? No, questo non lo permetterò, no.

— Tu, dunque, Efix, hai denari?

— Se ne avessi non sarei qui spezzato! Avrei già ritirato le cambiali....