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giocati col Milese e li aveva perduti. Io gli dissi che portavo la cambiale da don Predu: allora si spaventò e me ne portò un’altra firmata da donna Ester. Allora gli diedi altri denari. Come potevo dire di no? Tu non sapevi nulla? — ella concluse riprendendo a filare.

Efix era annientato. Ricordava che donna Ester aveva di nascosto scritto a Giacinto di venire; di nascosto poteva anche aver firmato la cambiale. Come avrebbero pagato? Gli pareva di non potersi più muovere, d’aver le gambe gonfie, pesanti di tutto il sangue che gli calava giù lasciandogli vuoto il cuore e la testa e le mani inerti. Come avrebbero pagato?

E l’usuraia filava e le colombe tubavano, e le galline beccavano le mosche sulla pancia rosea dei porcellini stesi al sole: tutto il mondo era tranquillo. Lui solo spasimava.

— Ah, dunque non lo sapevi? Io credevo che parte del denaro l’avessero tenuto loro, le dame, per pagarti. Anzi volevo proporre a don Giacinto di scontare i dieci scudi che tu mi devi, ma in fede mia poi ho pensato che non andava bene: se però, rinnovando la cambiale, vogliamo fare tutto un conto....

Efix fece uno sforzo per muoversi: si strappò di nuovo la berretta dal capo e cominciò a sbattergliela sul viso, pazzo di disperazione.